Cronache dal Multiverso
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Cronache dal Multiverso have:
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Il presente blog non costituisce testata giornalistica, non ha carattere periodico, essendo aggiornato in relazione alla disponibilità e alla reperibilità dei materiali e a totale discrezione dei singoli collaboratori. Pertanto, non può essere considerato in alcun modo un prodotto editoriale, ai sensi della Legge n. 62 del 7-03-2001. Le immagini pubblicate su questo sito, salvo diversa indicazione, sono copyright dei legittimi autori.

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Cronache dal Multiverso

B_NORM    
view post Posted on 30/4/2011, 23:55 by: TETRACTYSReply
 

Zen, 8727 caratteri, versione 2.0


IO RINASCERÒ
di
Leonardo Boselli



     Arrancava un passo dopo l’altro tra gli scheletri degli alberi, flagellato dal vento che soffiava a raffiche e sollevava gelidi mulinelli di neve. I lupi che lo inseguivano da ore non si preoccupavano più di rimanere sottovento; il loro odore si intensificava: lo poteva percepire con chiarezza, acre e selvatico, nell’aria resa pura dal freddo.
     Aveva perso molto sangue. I movimenti si erano fatti lenti e ogni passo che affondava nella neve gli provocava dolori lancinanti.
     Si guardò intorno. Scrutò tra i rami e i cespugli spogli, avvolti dalla nebbia che aleggiava sulla neve, e all’improvviso, nella penombra del crepuscolo, tra i tronchi in letargo, si delinearono le sagome di un branco di lupi famelici che ansimavano fiutando le tracce. I loro occhi fiammeggiavano nell’oscurità.
     Il suo ultimo passo fu artigliato nella morsa gelata della neve fresca e disperò di riuscire a liberarsi ancora una volta.


     Il fuoristrada s’inerpicava con rapidità lungo la strada di montagna. Il sergente Wang, un veterano di grande esperienza, si divertiva a scalare le marce e ad affrontare con decisione ogni tornante di quell’interminabile salita, mentre il tenente Xian, un ufficiale di prima nomina, sentiva crescere dentro di sé un forte senso di nausea.
     Chiese preoccupato: «Ci vuole ancora molto?»
     «No, signor tenente, ormai siamo arrivati».
     I boschi della regione erano piuttosto fitti, ma a tratti si aprivano ampie radure illuminate dal sole. Era il luogo ideale per nascondersi e il fuggitivo che stavano inseguendo lo sapeva bene.
     Dopo un’ultima serie di curve, il sergente arrestò il veicolo lungo il ciglio della strada, accanto a un cartello che indicava la distanza dal confine di stato, e disse: «Ecco, l’elicottero lo ha perso in questo punto».
     Il tenente ne approfittò per scendere e si ritrovò a un passo dal precipizio. Il senso di vertigine che provò nel vedere la parete a picco sotto di sé gli prese lo stomaco e, con un paio di conati, si liberò della colazione del mattino.
     «È una vista che toglie il fiato, non è vero?» commentò divertito il sergente, poi estrasse il suo fucile di precisione dal bagagliaio e se lo mise a tracolla.
     Il tenente respirò ampie boccate d’aria fresca. Dopo essersi ripreso, imbracciò a sua volta il ...

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racconti,
zen
Comments: 0 | Views: 75Last Post by: TETRACTYS (30/4/2011, 23:55)
 

B_NORM    
view post Posted on 16/4/2011, 08:00 by: TETRACTYSReply
 

Fantamito, 39880 caratteri, versione 2.0


L’ULTIMA ODISSEA
di
Leonardo Boselli

prologo ed epilogo
di Luigi Bonaro



     Quando il banchetto fu portato a compimento, il re colmò di vino la sua coppa e quella della sua sposa, poi convocò a sé il cantore che sino a quell’istante avea solo preso piacere in copiose abbuffate, ebbro di abbondanti libagioni.

     «Femio, quale racconto hai in serbo per noi?»

     I commensali stavano discorrendo ma si tacquero allorché l’aedo raccolse il suo strumento.

     «Mio signore, la storia di questa sera narra di un re.
     Ti sembrerà di averla già ascoltata siffatta epopea; ma l’udito non ti sia fallace.
     Trattasi di una vicenda che si tesse con altre, delle tante leggende in parte o assai veritiere,
     provvida a far scorrere il tempo in compagnia e a rallegrare i cuori nelle gelide e tediose sere.
     Ciò non significa che non possa allietare lo spirito o rattristare l’anima; invero, è la storia di un re, una delle tante»

     E iniziò, toccando dolcemente la sua cetra.


     I rematori vogavano con foga e la nave lasciava dietro di sé una candida scia. Alla loro destra si innalzavano i dirupi rocciosi della costa iberica; a sinistra si scorgevano in lontananza le alte montagne d’Atlante sfumate dalla foschia; di fronte, invece, si poteva ammirare una distesa d’acqua sconfinata: il mare Oceano.
     Astore, il nocchiero, regolava il ritmo di voga seduto sul primo banco, mentre Ulisse, l’astuto stratega, scrutava l’orizzonte in silenzio, in piedi sulla prua. Dopo aver fissato con attenzione la linea indistinta tra il cielo e l’Oceano, il re di Itaca si voltò e guardò oltre la poppa, nell’azzurro intenso del mare conosciuto; lo osservò a lungo, come se volesse imprimere nella sua memoria quelle onde familiari che in passato gli avevano strappato tanti compagni d’armi.
     A un tratto un’umida folata di vento gli carezzò la barba ormai ingrigita e sollevò dalle sue spalle la folta capigliatura: era il respiro dell’Oceano, la spinta potente che li avrebbe condotti al largo, verso l’orizzonte da cui nessuno era mai tornato.
     A un cenno di Ulisse, Astore sollevò il suo remo in verticale e il resto dell’equipaggio ne seguì l’esemp...

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fantamito,
racconti
Comments: 3 | Views: 166Last Post by: Luigi Bonaro (5/5/2011, 09:43)
 


B_NORM    
view post Posted on 31/3/2011, 12:07 by: TETRACTYSReply
 

Fantamito, 39888 caratteri, versione 1.3


L’ULTIMA ODISSEA
di
Leonardo Boselli



     Al termine del banchetto il re colmò di vino la sua coppa e quella della sua sposa, poi chiamò il cantore che fino a quel momento si era limitato a mangiare e bere.
     «Femio, quale racconto hai in serbo per noi?»
     I commensali che stavano conversando fecero silenzio e l’aedo raccolse il suo strumento.
     «Mio signore, la storia di questa sera narra di un re. Ti sembrerà di averla già udita, ma non è così. Si tratta d’una vicenda che si intreccia con altre, una delle tante storie più o meno veritiere, utili per trascorrere il tempo e passare in compagnia le noiose sere d’inverno. Ciò non significa che non possa allietare lo spirito o rattristare l’anima, ma è comunque solo la storia di un re, una tra le tante».
     Detto questo, iniziò a sfiorare dolcemente la sua cetra.


     I rematori vogavano con foga e la nave lasciava dietro di sé una candida scia. Alla loro destra si innalzavano i dirupi rocciosi della costa iberica; a sinistra si scorgevano in lontananza le alte montagne d’Atlante sfumate dalla foschia; di fronte, invece, si poteva ammirare una distesa d’acqua sconfinata: il mare Oceano.
     Astore, il nocchiero, regolava il ritmo di voga seduto sul primo banco, mentre Ulisse, l’astuto stratega, scrutava l’orizzonte in silenzio, in piedi sulla prua. Dopo aver fissato con attenzione la linea indistinta tra il cielo e l’Oceano, il re di Itaca si voltò e guardò oltre la poppa, nell’azzurro intenso del mare conosciuto; lo osservò a lungo, come se volesse imprimere nella sua memoria quelle onde familiari che in passato gli avevano strappato tanti compagni d’armi.
     A un tratto un’umida folata di vento gli carezzò la barba ormai ingrigita e sollevò dalle sue spalle la folta capigliatura: era il respiro dell’Oceano, la spinta potente che li avrebbe condotti al largo, verso l’orizzonte da cui nessuno era mai tornato.
     A un cenno di Ulisse, Astore sollevò il suo remo in verticale e il resto dell’equipaggio ne seguì l’esempio. Li ritirarono negli alloggiamenti e venne sciolta la vela. La tela, su cui era dipinto il volto di Atena, si srotolò per tutta la sua lunghezza e si gonfiò per il forte vento. In quell’istante le sartie che reggevano l’albero maestro si tesero e il fasciame scricchiolò minaccioso, ma presto la ch...

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fantamito,
racconti
Comments: 0 | Views: 75Last Post by: TETRACTYS (31/3/2011, 12:07)
 

B_NORM    
view post Posted on 16/3/2011, 17:12 by: TETRACTYSReply
 

Fantascienza, 14467 caratteri, versione 2.0


LITTLE BOY NOW
di
Leonardo Boselli



     Hiroshima, 6 agosto 1945 ore 8.00
    Tre aeroplani americani volavano nel cielo del Giappone e si stavano avvicinando al loro obbiettivo secondario, la città di Hiroshima. Il bersaglio primario, la città di Kokura, era al riparo di uno spesso strato di nuvole.
    Nessuno saprà mai quale farfalla, a migliaia di chilometri di distanza, con il suo battito d’ali, abbia determinato il clima giapponese in quella calda giornata d’agosto, e neppure quale catena d’eventi fosse stata necessaria perché 80 mila persone inconsapevoli stessero per perdere la vita in un istante. Il loro dramma però si stava per consumare, inesorabile.
    I radar della contraerea giapponese rilevarono l’intrusione, ma l’allarme non venne dato: quale pericolo poteva costituire una coppia di bombardieri accompagnati da un ricognitore? Non si poteva sprecare il carburante razionato per contrastare incursioni così poco rilevanti.
    Invece il B-29 Enola Gay trasportava un terribile carico di morte: Little Boy, il “ragazzino”, una bomba atomica, la prima che stesse per essere utilizzata su un bersaglio operativo. Si trattava di un ordigno lungo tre metri, di settanta centimetri di diametro, pesante quattro tonnellate. In quel metro cubo scarso di volume era stipata la potenza distruttiva di 13 chilotoni di TNT, cioè 13 milioni di chili di tritolo. Pochi avevano idea di cosa fosse una bomba atomica, ma presto in molti ne avrebbero sperimentato gli effetti sulla loro pelle.
    Alle otto e un quarto, l’ordigno venne sganciato sul centro della città. Subito il B-29 scartò dalla sua rotta per acquistare velocità e allontanarsi in fretta.
    La bomba scese a 580 metri d’altezza e il sensore di pressione decise che era giunto il momento di scatenare l’inferno.
    Kenichi Morita aveva dieci anni. Quel giorno era malato e riposava a letto nella sua stanza. Faceva molto caldo. All’improvviso vide un bagliore insopportabile, che i suoi occhi non riuscivano a sostenere. Si alzò a fatica, curioso di capire cosa stesse succedendo, quando percepì un poderoso boato accompagnato da uno spostamento d’aria che frantumò porte e finestre e sconquassò le pareti. Attraversando gli infissi infranti, con pezzi di muro che ancora gli ...

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fantascienza,
racconti
Comments: 0 | Views: 43Last Post by: TETRACTYS (16/3/2011, 17:12)
 

B_NORM    
view post Posted on 6/3/2011, 13:35 by: TETRACTYSReply
 

Fantascienza, 12600 caratteri, versione 1.2


LITTLE BOY
di
Leonardo Boselli



     Hiroshima, 6 agosto 1945 ore 8.00
     Tre aeroplani americani volavano nel cielo del Giappone e si stavano avvicinando al loro obbiettivo secondario, la città di Hiroshima, perché il bersaglio primario, la città di Kokura, era al riparo di uno spesso strato di nuvole.
     Nessuno saprà mai quale farfalla, a migliaia di chilometri di distanza, con il suo battito d’ali, abbia determinato il clima giapponese in quella calda giornata d’agosto, e neppure quale catena d’eventi fosse stata necessaria perché 80 mila persone inconsapevoli stessero per perdere la vita in un istante. Il loro dramma però si stava per consumare, inesorabile.
     I radar della contraerea giapponese rilevarono l’intrusione, ma l’allarme non venne dato: quale pericolo poteva costituire una coppia di bombardieri accompagnati da un ricognitore? Non c’era abbastanza carburante per contrastare incursioni così poco rilevanti.
     Invece il B-29 Enola Gay trasportava un terribile carico di morte: Little Boy, il “ragazzino”, una bomba atomica, la prima nella storia che stesse per essere utilizzata su un bersaglio operativo. Si trattava di un ordigno lungo tre metri, di settanta centimetri di diametro, pesante quattro tonnellate. In quel metro cubo scarso di volume era stipata la potenza distruttiva di 13 chilotoni di TNT, cioè 13 milioni di chili di tritolo. Pochi avevano idea di cosa fosse una bomba atomica, ma presto in molti ne avrebbero sperimentato gli effetti sulla loro pelle.
     Alle otto e un quarto, l’ordigno venne sganciato sul centro della città. Subito il B-29 scartò dalla sua rotta per acquistare velocità e allontanarsi in fretta.
     La bomba raggiunse i 580 metri d’altezza e il sensore di pressione decise che era giunto il momento di scatenare l’inferno.
     Kenichi Morita aveva dieci anni. Quel giorno era malato e riposava a letto nella sua stanza. All’improvviso vide un bagliore insopportabile, che i suoi occhi non riuscivano a sostenere. Si alzò a fatica, curioso di capire cosa stesse succedendo, quando percepì un poderoso boato accompagnato da uno spostamento d’aria che frantumò porte e finestre e sconquassò le pareti. Correndo sui vetri infranti, con pezzi di muro che ancora gli cadevano addosso, uscì dall’abitazione e salì su un luogo elevato: di fronte a lui un...

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fantascienza,
racconti
Comments: 0 | Views: 66Last Post by: TETRACTYS (6/3/2011, 13:35)
 

B_NORM    
view post Posted on 1/3/2011, 14:31 by: TETRACTYSReply
 

Questo racconto è dedicato a
Stanley Kubrick e a Peter Sellers.
Contiene alcune battute tratte dal film:
Il dottor Stranamore, ovvero: come imparai
a non preoccuparmi e ad amare la bomba


Fantasatira, 14651 caratteri, versione 1.0


COME HO IMPEDITO LO SCOPPIO
DELLA TERZA GUERRA MONDIALE

di
Leonardo Boselli



Ogni riferimento a persone e cose esistenti nella realtà o
a fatti veramente accaduti è da ritenersi del tutto casuale.



     Amman (Giordania), 1 aprile 2015.

     Nei giorni scorsi il mondo si è trovato sull’orlo di una catastrofe senza precedenti. La crisi dei missili iraniani ha tenuto l’umanità con il fiato sospeso per settimane e ha quasi causato lo scoppio della terza guerra mondiale.
     Lo ha rivelato il ministro degli Esteri, Franco Frattini, che si trova ad Amman per la stipula del trattato di collaborazione e non belligeranza tra Israele e Iran della cui stesura è il principale artefice.
     I colloqui tra il Presidente della Repubblica Islamica dell’Iran, Mahmud Ahmadinejad, e il Primo Ministro dello Stato d’Israele, Benjamin Netanyahu, rappresentano una pietra miliare nella storia del XXI secolo e sono mediati con grande autorevolezza proprio dal nostro ministro degli Esteri.
     Mai nella storia dell’umanità si è assistito a un vertice a tre più rappresentativo degli equilibri mondiali. Sicuramente i colloqui a Camp David tra il presidente Carter, l’israeliano Begin e l’egiziano Sadat sono stati di minore importanza. Senza timore di essere smentiti, ci azzardiamo a paragonare l’azione di Frattini a quella diplomatica di Papa Giovanni XXIII, che portò alla risoluzione della crisi dei missili cubani tra il presidente Kennedy e il Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, Nikita Krusciov.
     Ho avuto la fortuna di poter intervistare il ministro, in una pausa prima della firma del trattato, e di sentire dalla sua viva voce come si è svolta la drammatica vicenda.

     Il ministro mi ricevette in una saletta della sua suite al trentesimo piano de “Le Royal Hotel” di Amman. Lo trovai seduto su una delle polt...

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fantasatira,
racconti
Comments: 0 | Views: 106Last Post by: TETRACTYS (1/3/2011, 14:31)
 

B_NORM    
view post Posted on 23/2/2011, 01:40 by: TETRACTYSReply
 

Thriller-zen, 7722 caratteri, versione 1.0


IO RINASCERÒ...
di
Leonardo Boselli



     Un vento gelido soffiava a raffiche tra gli scheletri degli alberi e sollevava mulinelli di neve. L’odore dei lupi, che lo inseguiva da ore, diventava sempre più intenso: lo poteva percepire con chiarezza, acre e selvatico, nell’aria resa pura dal freddo. Ormai non si preoccupavano più di rimanere sottovento.
     Affondava continuamente nella neve; i suoi movimenti erano lenti e ogni passo gli provocava dolori lancinanti. Aveva perso troppo sangue.
     Si guardò intorno. Scrutò tra i rami e i cespugli secchi, nella foschia che aleggiava sulla neve, ed eccoli! Nella penombra del crepuscolo, tra i tronchi in letargo, si delinearono le sagome di lupi famelici che ansimavano fiutando le sue tracce.
     Il suo ultimo passo affondò nella morsa gelata della neve fresca. Non sapeva se sarebbe riuscito a trovare la forza per liberarsi ancora una volta.


     Il fuoristrada s’inerpicava con rapidità lungo la strada di montagna. Il sergente Wang si divertiva a scalare le marce e ad affrontare con decisione ogni tornante di quell’interminabile salita, mentre il caporale Xian sentiva crescere un forte senso di nausea.
     «C’è ancora molto?»
     «No, ormai siamo arrivati».
     I boschi della regione erano piuttosto fitti, ma a tratti si aprivano ampie radure illuminate dal sole.
     Il sergente arrestò il veicolo lungo il ciglio della strada accanto a un cartello che indicava la distanza dal confine di stato: un chilometro.
     «Ecco, l’elicottero lo ha perso in questo punto».
     Il caporale ne approfittò per scendere e si ritrovò a un passo dal precipizio. Il senso di vertigine che provò nel vedere la parete a picco sotto di sé gli prese lo stomaco: trattenne a stento un conato.
     «È una vista che toglie il fiato, non è vero?» commentò divertito il sergente, poi estrasse il suo fucile di precisione dal bagagliaio e se lo mise a tracolla.
     Il caporale respirò ampie boccate d’aria fresca. Dopo essersi ripreso, imbracciò a sua volta il fucile e seguì il sergente inoltratosi nella boscaglia.
     «Qui ci sono delle tracce fresche».
     I rami spezzati segnalavano il passaggio di un uomo, o di un animale di piccola taglia, mentre la linfa indicava che la rottura ...

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Comments: 0 | Views: 56Last Post by: TETRACTYS (23/2/2011, 01:40)
 

B_NORM    
view post Posted on 1/2/2011, 12:58 by: TETRACTYSReply
 

Zen, 9969 caratteri, versione 1.1


LA VIA DELL’EQUILIBRIO
di
Leonardo Boselli



     Il cronometro ha iniziato il conto alla rovescia. I lunghi istanti dedicati alla concentrazione sono stati annullati in un attimo, quando il cuore ha cominciato a battere in modo frenetico.
     Mi alzo e prendo fiato. Sistemo la faretra sul fianco destro, raccolgo l'arco dal sostegno e mi dirigo con calma verso la riga bianca. Piazzo i piedi ben saldi, paralleli alla linea. Da lì posso vedere a pochi passi di distanza l'avversario che mi gira la schiena, lo vedo scrollare le spalle e ruotare la testa per rilassare i muscoli del collo, poi alza il braccio sinistro impugnando l'arco.
     A mia volta dirigo lo sguardo a sinistra. Laggiù, ad alcune decine di metri, è collocato il paglione con il bersaglio; poche decine di metri che, al termine del pomeriggio, sembrano ormai chilometri.
     Quel disco giallo all'interno della corona rossa, quello è il mio obbiettivo. Quante volte l'ho inquadrato attraverso il mirino e la freccia, appena scagliata, lo ha raggiunto, come guidata da un filo invisibile. Ora però non importa più ciò che è accaduto in passato: resta solo quell'ultima serie di tiri e tutto sarà deciso.
     Le frecce vengono lanciate una dopo l'altra e c'è chi segue la loro traiettoria con il binocolo e ne determina l'esito. L'avversario ha tirato con calma e regolarità. I suoi movimenti hanno ripetuto con precisione maniacale un rigido rituale, quasi che quei tiri, indistinguibili gli uni dagli altri, non fossero che un unico, preciso, inesorabile lancio contro il bersaglio. L'errore che aspettavo, e desideravo ardentemente, non c'è stato.
     Quest'ultimo mio tiro dev'essere perfetto: la vittoria richiede dieci punti, non uno di meno. Il mio bersaglio deve essere il disco giallo all'interno della corona gialla, racchiusa dalla coppia di corone rosse. Basta anche solo intaccare il bordo di quel cerchio, ma bisogna riuscirci: nove punti servono solo a prolungare l'agonia.
     Avevo cercato di dimenticare per mesi, lunghi e dolorosi, ciò che accadde quattro anni fa. C'ero riuscito, lo avevo rimosso. Ora però lo ricordo perfettamente. Il mio vantaggio era consistente, gli avversari avevano rimontato nelle ultime serie, ma sarebbe stato sufficiente inviare un'ultima freccia all'interno delle circonferenze blu per vincere l'oro. Ricordo quella finale, ma non l'esecuzione dell'ultimo tiro, vedo solo quella frec...

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racconti,
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Comments: 0 | Views: 69Last Post by: TETRACTYS (1/2/2011, 12:58)
 

B_NORM    
view post Posted on 31/12/2010, 16:39 by: TETRACTYSReply
 

Horror, 21527 caratteri, versione 2.3


LE VISCERE DELLA MENTE
di
Leonardo Boselli



     Karl Vogel iniettò il contenuto della siringa nel braccio del capitano Konrad Jürgens. «È scopolamina», spiegò al dottor Hofstetter. «Lo renderà più malleabile».
     Il medico obbiettò: «Voi della Gestapo riponete troppa fiducia in questa sostanza. L’abbiamo già sperimentata sul soggetto e non ha avuto effetto».
     Vogel ignorò il commento del dottore. Osservò lo sguardo del capitano fisso nel vuoto e disse: «Konrad, so che puoi sentirmi».
     Non ottenne risposta. Quindi aggiunse con un tono di voce rassicurante: «Rilassati, torna con la mente alla tua infanzia, al tempo in cui vivevi con i tuoi genitori a Düsseldorf. Ti ricordi di tua madre?»
     Mentre pronunciava quelle parole, appoggiava le dita alla base del collo e sulle spalle del capitano esercitando brevi pressioni, ma Jürgens non rispondeva a quelle sollecitazioni. Il dottor Hofstetter stava per manifestare le sue perplessità sull’efficacia dell’ipnosi, quando finalmente il capitano si scosse e con voce infantile disse: «Mamma».

*    *    *

     Ventiquattr’ore prima, Karl Vogel stava volando su uno Junkers diretto a Berlino. Accanto a lui era seduto l’obersturmführer Friedrich Stahl, un giovane e ambizioso tenente delle SS, esperto in lingue e culture orientali, che aveva il compito di scortarlo.
     Il tempo era bello per essere novembre e il viaggio confortevole. Il trimotore aveva incontrato pochi vuoti d’aria e i passeggeri non avevano di che lamentarsi. Fuori dai finestrini si potevano vedere a perdita d’occhio i campi coltivati tedeschi che nutrivano la più potente macchina da guerra che l’Europa avesse mai visto.
     Vogel distolse lo sguardo dal paesaggio e tornò a leggere i documenti che teneva in mano. Sul fascicolo era stampigliato l’emblema dell’Ahnenerbe, l’organizzazione delle SS che si occupava degli studi sulle origini della razza ariana. Anche il tenente Stahl apparteneva a quella sezione, come testimoniava il simbolo cucito sull’avambraccio della divisa – un pugnale intrecciato – che faceva bella mostra di sé sotto la fascia rossa con la svastica nera in campo bianco.
     Al contrario del tenente, Vogel era in borghese, come erano soliti fare i membri della Gestapo quando operavano in incognito nei territori occupati; ma in realtà il suo abbigliamento costituiva una sorta di divisa che lo r...

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racconti
Comments: 0 | Views: 238Last Post by: TETRACTYS (31/12/2010, 16:39)
 

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