Cronache dal Multiverso
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Cronache dal Multiverso have:
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Il presente blog non costituisce testata giornalistica, non ha carattere periodico, essendo aggiornato in relazione alla disponibilità e alla reperibilità dei materiali e a totale discrezione dei singoli collaboratori. Pertanto, non può essere considerato in alcun modo un prodotto editoriale, ai sensi della Legge n. 62 del 7-03-2001. Le immagini pubblicate su questo sito, salvo diversa indicazione, sono copyright dei legittimi autori.

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Cronache dal Multiverso

B_NORM    
view post Posted on 7/11/2011, 02:31 by: TETRACTYSReply
 

Horror, 36900 caratteri, versione 2.1


L’ISOLA DELL’IMPICCATO
di
Leonardo Boselli



      Il capitano Eastman camminava a passi lenti sul ponte del "Saint Andrew", un tre alberi della marina da guerra inglese. Osservava le attività dell’equipaggio fissando assorto l’esecuzione dei lavori, ma senza riuscire a concentrarsi. Intabarrato nella sua divisa, col tricorno calcato sul capo e la sciabola al fianco sinistro, si spostava con agilità tra i marinai affaccendati, nonostante la gamba di legno, e il suo passo, che riecheggiava sulla tolda, ricordava il battito di un cuore, come se quei colpi cadenzati dessero vita all'intero veliero.
     Dopo aver percorso la nave da prua a poppa, salì la scaletta che portava sul castello e si mise a guardare, appoggiato al parapetto, l'isola poco distante, sui cui bassi fondali la nave era ormeggiata. Il sole già alto risplendeva sull'oceano e illuminava la costa. Poche nubi sottili si profilavano a settentrione: anch'esse sembravano attendere quel soffio di vento che le avrebbe spostate verso lidi meno afosi.
     Eastman aveva già navigato in quelle acque quand'era un allievo ufficiale sedicenne. Ora, dopo quasi un quarto di secolo, osservava con attenzione il profilo dell'isola e si stupiva di ricordare ancora ogni particolare: la spiaggia, gli alberi che la delimitavano e, sopra di essi, la ripida cima vulcanica. Non era cambiato nulla, come se il tempo non fosse trascorso. E non era passato neppure il senso d'angoscia che quelle rive ancora gli trasmettevano: la reminiscenza di un'antica colpa gli tormentava l'anima, come in certe notti lo perseguitava un fastidioso prurito alla gamba destra che non riusciva a placare, perché quella gamba ormai non l'aveva più.
     John Hill, il nostromo, gli si accostò. Come molti membri dell'equipaggio era preoccupato e, al contrario degli altri, non tentava di nasconderlo.
     «Capitano, cosa pensa di fare?»
     Ormeggiati da due giorni a un ottavo di miglio dalla costa, avrebbero potuto essere avvistati dalle navi spagnole che davano loro la caccia. La guerra di corsa aveva quella caratteristica: preda e cacciatore si scambiavano spesso i ruoli, e in quel frangente il "Saint Andrew" era la preda.
     Eastman si sentiva al sicuro a causa della fama di "mangiatrice di navi" che l'isola s'era conquistata a suon di naufragi negli ultimi anni. I capitani dei galeoni spagnoli si sarebbero tenuti alla larga da quelle secche peric...

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horror,
racconti
Comments: 0 | Views: 51Last Post by: TETRACTYS (7/11/2011, 02:31)
 

B_NORM    
view post Posted on 20/9/2011, 13:59 by: TETRACTYSReply
 

Horror, 36900 caratteri, versione 1.0


L’ISOLA DELL’IMPICCATO
di
Leonardo Boselli



     Il capitano Eastman camminava nervosamente sul ponte del "Saint Andrew", un tre alberi battente bandiera inglese. Intabarrato nella sua divisa, col tricorno calcato sul capo e la sciabola che gli pendeva al fianco sinistro, si muoveva tra i marinai affaccendati con un'agilità notevole, nonostante la gamba di legno. Il suo passo riecheggiava sulla tolda e sembrava imitare il battito di un cuore, come se quel semplice passo ritmato desse vita all'intero veliero.
     Dopo aver percorso la nave da prua a poppa, il capitano salì la scaletta che portava sul castello e si mise a osservare, appoggiato al parapetto, l'isola poco distante, sui cui bassi fondali la nave aveva da poco gettato l'ancora. Il sole già alto risplendeva sull'oceano e illuminava la costa. Poche nubi sottili si profilavano a settentrione: anch'esse sembravano attendere un soffio di vento per spostarsi verso lidi meno afosi.
     Eastman aveva già navigato in quelle acque quand'era un allievo ufficiale sedicenne. Ora, dopo quasi un quarto di secolo, ripassava il profilo dell'isola e si stupiva di ricordare ancora ogni particolare: la spiaggia, gli alberi che la delimitavano e, sopra di essi, le ripida cima vulcanica. Non era cambiato nulla, come se il tempo non fosse trascorso. E non era passato neppure il senso d'angoscia che quelle rive ancora gli incutevano: la reminiscenza di un'antica colpa gli tormentava l'anima, come in certe notti lo perseguitava un fastidioso prurito alla gamba destra che non riusciva a placare, perché quella gamba non l'aveva più.
     John Hill, il nostromo del vascello, si accostò al capitano. Come molti membri dell'equipaggio era preoccupato e, al contrario degli altri, non lo nascondeva.
     «Capitano, cosa pensa di fare?»
     Ormeggiati da due giorni a un ottavo di miglio dalla costa, avrebbero potuto essere avvistati dalle navi spagnole che davano loro la caccia. La guerra di corsa aveva quella caratteristica: preda e cacciatore si scambiavano spesso i ruoli, e in quel frangente il "Saint Andrew" era la preda.
     Eastman si sentiva al sicuro a causa della fama di "mangiatrice di navi" che l'isola s'era conquistata a suon di naufragi negli ultimi anni. I capitani dei galeoni spagnoli si sarebbero tenuti alla larga da quelle secche pericolose, a meno che non fossero stati obbligati dagli eventi. Infatti non si p...

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horror,
racconti
Comments: 0 | Views: 159Last Post by: TETRACTYS (20/9/2011, 13:59)
 

B_NORM    
view post Posted on 1/9/2011, 02:20 by: TETRACTYSReply
 

Thriller, 39000 caratteri, versione 1.5


RITRATTO DI FAMIGLIA
di
Leonardo Boselli



     Il quartier generale della Gestapo a Parigi occupava un edificio in rue de Saussure. Una stanza per gli interrogatori si trovava al primo piano.
     Era pieno giorno, ma le finestre oscurate lasciavano filtrare all’interno solo pochi fasci di luce che disegnavano caroselli di polvere nell’aria. Una lampada appesa al soffitto e protetta da una gabbia metallica illuminava dall’alto una sedia inchiodata al pavimento, mentre lasciava il resto della stanza al buio.
     Su quella sedia era legato un uomo completamente nudo. Per quanto fosse robusto, un vero colosso, le cinghie di cuoio attorno agli avambracci, alle gambe e alla testa, gli impedivano qualsiasi movimento; poteva solo fissare con odio l’aguzzino che lo tormentava da ore.
     Nella stanza c’era anche un’altra persona oltre al torturatore, un uomo che si teneva alle sue spalle nell’oscurità: ne udiva solo le domande assillanti.
     «Perché vuoi soffrire ancora, Gerard?» disse la voce nell’ombra.
     Parlava in francese con un forte accento tedesco e lo aveva chiamato per nome sin dall’inizio, ostentando una confidenza fuori luogo.
     L’uomo continuò: «Tu sai perché ti tormento. Dimmi chi è veramente monsieur Schumann e tutto sarà finito».
     Il prigioniero non rispose, allora la voce abbandonò quel tono dall’apparenza gentile e, rivolta all’aguzzino, abbaiò un ordine in tedesco: «Continua, Günther!»
     Risuonarono alcuni passi e una pesante porta metallica si richiuse con violenza, poi nella stanza calò il silenzio.
     Il torturatore, un energumeno che indossava pantaloni e stivali d’ordinanza, ma non la giacca della divisa, si rimboccò le maniche della camicia schizzata di sangue e strinse saldamente nella mano destra un tirapugni di ferro. Quindi si mise lentamente a girare intorno alla sedia. Il prigioniero continuava a fissarlo con uno sguardo di sfida.

*    *    *

     Il kriminalinspektor della Gestapo Felix von Kleist entrò nel suo ufficio, si tolse la giacca, si sbottonò il colletto e i polsini della camicia, poi prese una brocca e versò dell’acqua in una bacinella sostenuta da un treppiede. Quel giorno non faceva caldo, ma l’ispettore soffriva di sbalzi di pressione, uno dei tanti acciacchi dell’età, e cercò di rinfrescarsi bag...

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racconti,
thriller
Comments: 0 | Views: 79Last Post by: TETRACTYS (1/9/2011, 02:20)
 

B_NORM    
view post Posted on 4/8/2011, 22:30 by: Jackie de RipperReply

Il primo marito
di
Jackie de Ripper


1.

Otto anni, erano passati otto lunghi anni, ma Michael aveva sempre lo stesso aspetto trasandato. Certo, era anche un po’ invecchiato, tuttavia la barba ingrigita e la calvizie ormai conclamata non lo rendevano meno interessante: i suoi occhi azzurri, penetranti, avevano ancora l’intensità d’un tempo e il vetro che ci divideva non ne attenuava la luminosità.
Presi l’interfono, lo appoggiai all’orecchio e attesi senza parlare.
— Ciao Jackie, — disse Michael, — come stai?
Quella domanda! Dopo avermi fissato a lungo e aver preso il ricevitore era riuscito a formulare solo quella frase banale, con il tono d’un amico col quale hai bevuto al pub la sera prima.
Non risposi. Aspettai che dicesse qualcos’altro e il mio silenzio sembrò imbarazzarlo.
— Lo so, — continuò, — è passato molto tempo...
— Otto anni.
— Sì, otto, — aggiunse sorridendo, — ma sei sempre bellissima.
Era tipico di Michael. Cercava ancora d’aggiustare le cose con un complimento e un sorriso sulle labbra.
— Non attacca più. È finita.
Il suo sguardo tradì un’insicurezza che non gli era propria.
— Jackie, hai ragione, tra di noi non ci sono mai state menzogne e...
— Non da parte mia.
Michael smise di parlare e scostò il ricevitore dall’orecchio. Continuava a fissarmi come se cercasse nei miei occhi le parole giuste.
— No, non da parte tua. Però, ti prego, — riprese con più convinzione, — non interrompermi. È molto difficile per me. Ma forse tu immagini già perché sono qui.
Non risposi. La mia durezza sembrò ferirlo e se lo sarebbe meritato.
Osservai i suoi occhi: li trovai circondati da rughe che non conoscevo; quindi scesi lungo il profilo del naso fino alla bocca, alle labbra che mi avevano regalato tanti baci appassionati e di cui adesso restava soltanto un pallido ricordo.
Posai lo sguardo sul suo pugno destro che reggeva la cornetta del ricevitore; era forte e mostrava i calli sulle nocche che gli davano da vivere. Non avevo mai capito come potesse accarezzarmi con dolcezza e farmi sentire desiderata con quelle mani così ruvide: era una contraddizione che mi aveva tenuta legata a lui anche in momenti difficili.
Michael sembrò frugare nei suoi ricordi per trovare un appiglio che potesse ravvivare quella conversazione. La sua mano fu percorsa da un fremito; forse avrebbe cercato d’accarezzarmi se il vetro non gliel’avesse impedito.
— Jackie, sono un verme. Non sai quanto mi è costato venire fin qui, ma sono in grossi pasticci... solo tu puoi aiutarmi.
Lo fissai con uno sguardo interrogativo e lui trovò il coraggio di spiegarsi.
— Sono sulla lista nera del “Macellaio”, — rivelò con un filo di voce.

2.

Avevo conosciuto il Macellaio tanto tempo fa, ancora prima che Michael entrasse di prepotenza nella mia vita.
Non era davvero un macellaio, anche se alcuni suoi atteggiamenti potevano farlo pensar...

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noir,
racconti
Comments: 0 | Views: 67Last Post by: Jackie de Ripper (4/8/2011, 22:30)
 

B_NORM    
view post Posted on 1/7/2011, 01:21 by: TETRACTYSReply
 

Cyberzen, 7806 caratteri, versione 1.0


WOLF3D
di
Leonardo Boselli



     Il dischetto da tre pollici e mezzo recava un'etichetta con su scritto “Wolf3D”. Un amico gliel’aveva consegnato come una reliquia preziosa e aveva detto: «Provalo, ti divertirai».
     A casa, davanti al PC, attese che Windows 3.1 terminasse la sua fase di inizializzazione e, dopo aver inserito con attenzione il dischetto nella sua feritoia verticale, ne esplorò il contenuto.
     Erano presenti vari files tra cui un readme in inglese e un programma d’installazione. Senza altri indugi, lo mandò in esecuzione e il lettore cominciò a macinare dati.
     Dopo aver inserito alcuni parametri predefiniti, sul monitor apparve finalmente la barra che indicava il progresso dell'operazione. Non ci volle molto e, alla fine, venne eseguito il gioco vero e proprio.
     La schermata mostrava l'immagine d’un uomo armato, un prigioniero in fuga, nascosto nell'oscurità, dietro l’angolo di un lungo corridoio. Dall'altro lato un soldato nazista, una guardia di ronda, percorreva ignara quello stesso corridoio. L'immagine faceva presagire ciò che sarebbe successo: era efficace e permetteva di immedesimarsi nella sorte del protagonista, un prigioniero che doveva fuggire dal castello di Wolfenstein, braccato da feroci guardie armate.
     In un attimo selezionò l'opzione New Game e si trovò in una cella spoglia e claustrofobica. L'ambiente visualizzato era di un incredibile realismo. Fino a quel momento non aveva mai visto nulla di simile, alla fantastica risoluzione della VGA estesa, con grafica tridimensionale e tutti quei colori. La SoundBlaster poi stava eseguendo una colonna sonora inquietante che lo immergeva ancor di più in quell'atmosfera sospesa.
     Sembrava che il suo PC, dopo aver scritto innumerevoli lettere e svolto banali calcoli tra le celle di un foglio elettronico, avesse aspettato mesi per esprimere le sue vere potenzialità e lo stesse facendo tutto in una volta, nella creazione di un mondo virtuale da esplorare.
     Si rese conto che quel programma stava sfruttando al massimo le capacità del processore AMD a 40 MHz, gli 8 Mb di RAM e i chip della scheda grafica e di quella sonora. Si chiese anche come fosse possibile che la sua normalissima VESA in local bus potesse visualizzare un ambiente in tre dimensio...

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cyberzen,
racconti
Comments: 0 | Views: 68Last Post by: TETRACTYS (1/7/2011, 01:21)
 


B_NORM    
view post Posted on 31/5/2011, 13:45 by: TETRACTYSReply
 

Thriller, 22122 caratteri, versione 3.0


GUSCI DI NOCE
di
Leonardo Boselli



     Mike D’Angelo stava rovistando nel frigo-bar della sua camera d’albergo con la foga di un cane che scava nella terra per recuperare un osso sepolto. Alla fine, senza aver cavato un ragno dal buco, strinse alla vita la cintura dell’accappatoio e sbottò deluso: «È possibile che non sia rimasta neppure una bottiglietta di whisky?»
     Andrew Piasecki, che era seduto con le gambe distese sul letto e la schiena appoggiata al cuscino contro la spalliera, rispose: «Stanotte mi sono svegliato con la gola secca».
     «Solo una puttana come te poteva bersi l’ultimo whisky di nascosto!» disse Mike, sbattendo con violenza lo sportello del frigo.
     «Come siamo permalosi» replicò Andrew, mentre continuava a limarsi le unghie con noncuranza. «Questa notte mi chiamavi con nomi molto più carini».
     Al ricordo della notte precedente, Mike addolcì il tono e si scusò: «Perdonami, amore, ho sete e sono nervoso per il lavoro di stasera. Non capita tutti i giorni la possibilità di potersi ritirare».
     «Ti capisco, e lo sai che non potrei mai tenerti il broncio. Per dimostrarti che ti ho perdonato, ti lascio usare il bagno per primo» disse Andrew sorridendo.
     Rassicurato, Mike si tolse l’accappatoio, entrò nel box-doccia e aprì il getto d’acqua.
     Andrew nel frattempo, posata la limetta sul comodino, si era alzato. Quindi aveva estratto una grossa valigia dall’armadio e l’aveva aperta sul letto. All’interno c’erano alcune armi da fuoco. Imbracciò un fucile a canne mozze e ne verificò il funzionamento facendo scorrere più volte il meccanismo di carica, poi impugnò una mitraglietta e mirò a se stesso attraverso lo specchio, infine prese una pistola automatica e ne controllò il caricatore.
     Soddisfatto dall’efficienza dell’arsenale, commentò: «È un peccato aver portato tutte queste armi e non poterle usare».
     «Come dici?» gridò Mike sotto la doccia.
     «Nulla», rispose Andrew alzando la voce, «piuttosto, dove hai messo la noce del Farmacista?»
     Il compagno chiuse il getto e uscì gocciolante dal bagno, mentre si avvolgeva un asciugamano attorno ai fianchi.
     «La noce? Pensavo che l’avessi presa tu!»
     «Era compito tuo ritirarla!»
     «Amore», disse Mike ridendo, «st...

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thriller
Comments: 0 | Views: 68Last Post by: TETRACTYS (31/5/2011, 13:45)
 

B_NORM    
view post Posted on 28/5/2011, 00:12 by: TETRACTYSReply
 

Thriller, 24K caratteri, versione 2.0


GUSCI DI NOCE
di
Leonardo Boselli



     Mike D’Angelo stava rovistando nel frigo-bar della sua camera d’albergo con la foga di un cane che scava nella terra per recuperare un osso sepolto. Alla fine, senza aver cavato un ragno dal buco, strinse alla vita la cintura dell’accappatoio e sbottò deluso: «È possibile che non sia rimasta neppure una bottiglietta di whisky?»
     Andrew Piasecki, che era seduto con le gambe distese sul letto e la schiena appoggiata al cuscino contro la spalliera, rispose: «Stanotte mi sono svegliato con la gola secca».
     «Solo una puttana come te poteva bersi l’ultimo whisky di nascosto!» disse Mike, sbattendo con violenza lo sportello del frigo.
     «Come siamo permalosi!» replicò Andrew, mentre continuava a limarsi le unghie con noncuranza. «Questa notte mi chiamavi con nomi molto più carini».
     Al ricordo della notte precedente, Mike addolcì il tono e si scusò: «Perdonami, amore, ho sete e sono nervoso per il lavoro di stasera. Non capita tutti i giorni la possibilità di potersi ritirare».
     «Ti capisco, e lo sai che non potrei mai tenerti il broncio. Per dimostrarti che ti ho perdonato, ti lascio usare il bagno per primo» disse Andrew sorridendo.
     Rassicurato, Mike si tolse l’accappatoio, entrò nel box-doccia e aprì il getto d’acqua.
     Andrew nel frattempo, posata la limetta sul comodino, si era alzato, aveva estratto una grossa valigia dall’armadio e l’aveva aperta sul letto. Al suo interno c’erano alcune armi da fuoco. Imbracciò un fucile a canne mozze e ne verificò il funzionamento facendo scorrere più volte il meccanismo di carica, poi impugnò una mitraglietta e mirò a se stesso attraverso lo specchio, infine prese una pistola automatica e ne controllò il caricatore.
     Soddisfatto dall’efficienza dell’arsenale, commentò: «È un peccato aver portato tutte queste armi e non poterle usare».
     «Come dici?» gridò Mike sotto la doccia.
     «Nulla», rispose Andrew alzando la voce, «piuttosto, dove hai messo la noce del Farmacista?»
     Il compagno chiuse il getto e uscì gocciolante dal bagno, mentre si avvolgeva un asciugamano attorno ai fianchi.
     «La noce? Pensavo che l’avessi presa tu!»
     «Era compito tuo ritirarla!»
     «Amore», disse Mike ridendo, «s...

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racconti,
thriller
Comments: 0 | Views: 81Last Post by: TETRACTYS (28/5/2011, 00:12)
 

B_NORM    
view post Posted on 13/5/2011, 00:31 by: TETRACTYSReply
 

Thriller, 24K caratteri, versione 1.1


GUSCI DI NOCE
di
Leonardo Boselli



     Roma. Una bomba è esplosa alle 23 di ieri notte nel ristorante giapponese “Tokio’s Bay” a Trastevere. Due persone sono rimaste dilaniate a causa dello scoppio e non sono ancora state identificate. Si ritiene che le vittime siano tutte dipendenti del ristorante. Il bilancio avrebbe potuto essere molto più drammatico se non fosse stato il giorno di chiusura del locale. Gli inquirenti stanno valutando tutte le piste, ma è probabile un coinvolgimento della criminalità organizzata, infatti il proprietario del ristorante, Kenichi Inagawa, è sospettato di far parte di una famiglia della Yakuza, la mafia giapponese. L’esplosione potrebbe quindi essere un ulteriore episodio di quella catena di regolamenti di conti tra cosche rivali che ha recentemente insanguinato la capitale.

     Mike D’Angelo stava rovistando nel frigo-bar della sua camera d’albergo. Sembrava cercare con la stessa foga di un cane che scava nella terra per recuperare un osso sepolto. Alla fine, senza aver cavato un ragno dal buco, strinse alla vita la cintura dell’accappatoio e sbottò deluso: «È possibile che non sia rimasta neppure una bottiglietta di whisky?»
     Andrew Piasecki, che era seduto con le gambe distese sul letto e la schiena appoggiata al cuscino contro la spalliera, rispose: «Stanotte mi sono svegliato con la gola secca».
     «Solo una puttana come te poteva bersi l’ultimo whisky di nascosto!» disse Mike, sbattendo con violenza lo sportello del frigo.
     «Come siamo permalosi!» replicò Andrew, mentre continuava a limarsi le unghie con noncuranza. «Questa notte mi chiamavi con nomi molto più carini».
     Al ricordo della notte precedente, Mike addolcì il tono e si scusò: «Perdonami, amore, ho sete e sono nervoso per il lavoro di stasera. Non capita tutti i giorni la possibilità di potersi ritirare».
     «Ti capisco, e lo sai che non potrei mai tenerti il broncio. Per dimostrarti che ti ho perdonato, ti lascio usare il bagno per primo» disse Andrew sorridendo.
     Rassicurato, Mike si tolse l’accappatoio, entrò nel box-doccia e aprì il getto d’acqua.
     Andrew nel frattempo, posata la limetta sul comodino, si era alzato, aveva estratto una grossa valigia dall’armadio e l’aveva aperta sul letto. Al suo interno c’erano alcune armi da fuoco. Imbracciò un fucile a canne mozze e ne verificò il funzionamento facendo scorrere più volte il meccanismo di...

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racconti,
thriller
Comments: 0 | Views: 850Last Post by: TETRACTYS (13/5/2011, 00:31)
 

B_NORM    
view post Posted on 5/5/2011, 00:16 by: TETRACTYSReply
 

Zen, 9004 caratteri, versione 3.0


IO RINASCERÒ
di
Leonardo Boselli




     Arrancava, un passo dopo l’altro, tra gli scheletri degli alberi, tormentato dal vento che soffiava a raffiche e sollevava gelidi mulinelli di neve. I lupi che lo inseguivano da ore non si preoccupavano più di rimanere sottovento; il loro odore si intensificava: lo poteva percepire con chiarezza, acre e selvatico, nell’aria resa pura dal freddo.
     Aveva perso molto sangue. I movimenti si erano fatti lenti e ogni passo che affondava nella neve gli provocava forti dolori.
     Si guardò intorno. Mentre scrutava fra cespugli spogli e tronchi in letargo, all’improvviso si delinearono, nella penombra del crepuscolo, le sagome di un branco di lupi che ansimavano fiutando le tracce. Nella semioscurità, i loro occhi fiammeggiavano famelici.
     Spaventato, spiccò un salto, ma fu subito artigliato dalla morsa gelata della neve fresca. Dopo alcuni tentativi, disperò di riuscire a liberarsi.


     Il fuoristrada s’inerpicava con rapidità lungo la strada di montagna. Il sergente Wang, un veterano di grande esperienza, si divertiva a scalare le marce e ad affrontare con decisione ogni tornante di quell’interminabile salita, mentre il tenente Xian, un giovane ufficiale di prima nomina, sentiva crescere dentro di sé un forte senso di nausea.
     «Ci vuole ancora molto?» chiese preoccupato.
     «No, signor tenente, ormai siamo arrivati».
     I boschi della regione erano piuttosto fitti, ma a tratti si aprivano ampie radure illuminate dal sole. Era il luogo ideale per nascondersi e il fuggitivo che stavano inseguendo lo sapeva bene.
     Dopo un’ultima serie di curve, il sergente arrestò il veicolo lungo il ciglio della strada, accanto a un cartello che indicava la distanza dal confine di stato, e disse: «Ecco, l’elicottero lo ha perso in questo punto».
     Il tenente ne approfittò per scendere e si ritrovò a un passo dal precipizio. Il senso di vertigine che provò nel vedere la parete a picco sotto di sé gli prese lo stomaco; con un paio di conati, si liberò della colazione del mattino.
     «È una vista che toglie il fiato, non è vero?» commentò divertito il sergente, poi estrasse il suo fucile di precisione dal bagagliaio e se lo mise a tracolla.
     Il tenente respirò ampie boccate d’aria pura. Dopo aver rifiatato, prese a sua volta un fucile e seguì il sottuffi...

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racconti,
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Comments: 0 | Views: 36Last Post by: TETRACTYS (5/5/2011, 00:16)
 

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