Cronache dal Multiverso
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Most users ever online was 33 on 22/10/2012, 00:51


Il presente blog non costituisce testata giornalistica, non ha carattere periodico, essendo aggiornato in relazione alla disponibilità e alla reperibilità dei materiali e a totale discrezione dei singoli collaboratori. Pertanto, non può essere considerato in alcun modo un prodotto editoriale, ai sensi della Legge n. 62 del 7-03-2001. Le immagini pubblicate su questo sito, salvo diversa indicazione, sono copyright dei legittimi autori.

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Cronache dal Multiverso

B_NORM    
view post Posted on 15/5/2012, 00:08 by: TETRACTYSReply
 

Horror, 15480 caratteri, versione 2.0


EFFETTO COLLATERALE
di
Leonardo Boselli



     Il dottor Jordan lesse con cura la cartella clinica e commentò: «Le sue caratteristiche sono davvero eccellenti. Cerchiamo proprio una persona come lei».
     A quelle parole, Michael si sentì rassicurato, perché quel lavoro gli era necessario. Aveva già provato di tutto per mantenersi agli studi, ma il posto da sguattero gli portava via troppo tempo, e le banche del sangue e del seme non erano abbastanza remunerative: c’era troppa concorrenza di studenti squattrinati e bisognosi di pagare affitto e rette universitarie.
     «Sì, lei è proprio il nostro candidato ideale», ribadì il dottore dopo aver sollevato lo sguardo dalla cartella. Michael si sentì osservato. Jordan, attraverso i suoi spessi occhiali, lo scrutava con attenzione.
     «Ne sono felice», rispose. «Ha detto che il compenso è di mille dollari anticipati, vero?»
     «Sì, anticipati. Se la cosa le interessa, firmi questo contratto standard e la liberatoria, indichi il beneficiario dell'assicurazione sulla vita e si presenti domattina alle otto».
     Michael lesse i fogli del contratto. Erano riportate le solite clausole che conosceva a memoria e aveva già siglato varie volte: ormai si poteva considerare una cavia da laboratorio professionista.
     Il medico si alzò e fece il giro della scrivania. Si tolse gli occhiali, li ripose nel taschino del camice e, mentre stringeva la mano a Michael, disse: «Il suo contributo ci sarà molto utile. Sono felice che sia dei nostri».
     In quel momento il dottore gli ricordò suo padre. Sì, proprio il padre, che al termine del liceo voleva imporgli di intraprendere la carriera di ricercatore in medicina, seguendo le sue orme. Michael si era rifiutato. Ricordava con orrore il laboratorio di biologia del liceo dove era costretto a sezionare disgustose rane, e non voleva avere nulla a che fare con le cavie da laboratorio.
     Quando scelse la facoltà di giurisprudenza, il padre andò su tutte le furie e non volle finanziare i suoi studi, perché odiava gli avvocati: quegli squali che, aizzati da parenti ingrati, si avventavano su di lui ogni volta che moriva un suo paziente.
     Per questo motivo adesso Michael era costretto a fare da cavia, ancora una volta, per chissà quale esperimento.
     Mentre se lo domandava, disse: «Di solito non chiedo la finalità della ricerca a cui collaboro, m...

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horror,
racconti
Comments: 0 | Views: 74Last Post by: TETRACTYS (15/5/2012, 00:08)
 

B_NORM    
view post Posted on 7/11/2011, 02:31 by: TETRACTYSReply
 

Horror, 36900 caratteri, versione 2.1


L’ISOLA DELL’IMPICCATO
di
Leonardo Boselli



      Il capitano Eastman camminava a passi lenti sul ponte del "Saint Andrew", un tre alberi della marina da guerra inglese. Osservava le attività dell’equipaggio fissando assorto l’esecuzione dei lavori, ma senza riuscire a concentrarsi. Intabarrato nella sua divisa, col tricorno calcato sul capo e la sciabola al fianco sinistro, si spostava con agilità tra i marinai affaccendati, nonostante la gamba di legno, e il suo passo, che riecheggiava sulla tolda, ricordava il battito di un cuore, come se quei colpi cadenzati dessero vita all'intero veliero.
     Dopo aver percorso la nave da prua a poppa, salì la scaletta che portava sul castello e si mise a guardare, appoggiato al parapetto, l'isola poco distante, sui cui bassi fondali la nave era ormeggiata. Il sole già alto risplendeva sull'oceano e illuminava la costa. Poche nubi sottili si profilavano a settentrione: anch'esse sembravano attendere quel soffio di vento che le avrebbe spostate verso lidi meno afosi.
     Eastman aveva già navigato in quelle acque quand'era un allievo ufficiale sedicenne. Ora, dopo quasi un quarto di secolo, osservava con attenzione il profilo dell'isola e si stupiva di ricordare ancora ogni particolare: la spiaggia, gli alberi che la delimitavano e, sopra di essi, la ripida cima vulcanica. Non era cambiato nulla, come se il tempo non fosse trascorso. E non era passato neppure il senso d'angoscia che quelle rive ancora gli trasmettevano: la reminiscenza di un'antica colpa gli tormentava l'anima, come in certe notti lo perseguitava un fastidioso prurito alla gamba destra che non riusciva a placare, perché quella gamba ormai non l'aveva più.
     John Hill, il nostromo, gli si accostò. Come molti membri dell'equipaggio era preoccupato e, al contrario degli altri, non tentava di nasconderlo.
     «Capitano, cosa pensa di fare?»
     Ormeggiati da due giorni a un ottavo di miglio dalla costa, avrebbero potuto essere avvistati dalle navi spagnole che davano loro la caccia. La guerra di corsa aveva quella caratteristica: preda e cacciatore si scambiavano spesso i ruoli, e in quel frangente il "Saint Andrew" era la preda.
     Eastman si sentiva al sicuro a causa della fama di "mangiatrice di navi" che l'isola s'era conquistata a suon di naufragi negli ultimi anni. I capitani dei galeoni spagnoli si sarebbero tenuti alla larga da quelle secche peric...

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horror,
racconti
Comments: 0 | Views: 51Last Post by: TETRACTYS (7/11/2011, 02:31)
 

B_NORM    
view post Posted on 20/9/2011, 13:59 by: TETRACTYSReply
 

Horror, 36900 caratteri, versione 1.0


L’ISOLA DELL’IMPICCATO
di
Leonardo Boselli



     Il capitano Eastman camminava nervosamente sul ponte del "Saint Andrew", un tre alberi battente bandiera inglese. Intabarrato nella sua divisa, col tricorno calcato sul capo e la sciabola che gli pendeva al fianco sinistro, si muoveva tra i marinai affaccendati con un'agilità notevole, nonostante la gamba di legno. Il suo passo riecheggiava sulla tolda e sembrava imitare il battito di un cuore, come se quel semplice passo ritmato desse vita all'intero veliero.
     Dopo aver percorso la nave da prua a poppa, il capitano salì la scaletta che portava sul castello e si mise a osservare, appoggiato al parapetto, l'isola poco distante, sui cui bassi fondali la nave aveva da poco gettato l'ancora. Il sole già alto risplendeva sull'oceano e illuminava la costa. Poche nubi sottili si profilavano a settentrione: anch'esse sembravano attendere un soffio di vento per spostarsi verso lidi meno afosi.
     Eastman aveva già navigato in quelle acque quand'era un allievo ufficiale sedicenne. Ora, dopo quasi un quarto di secolo, ripassava il profilo dell'isola e si stupiva di ricordare ancora ogni particolare: la spiaggia, gli alberi che la delimitavano e, sopra di essi, le ripida cima vulcanica. Non era cambiato nulla, come se il tempo non fosse trascorso. E non era passato neppure il senso d'angoscia che quelle rive ancora gli incutevano: la reminiscenza di un'antica colpa gli tormentava l'anima, come in certe notti lo perseguitava un fastidioso prurito alla gamba destra che non riusciva a placare, perché quella gamba non l'aveva più.
     John Hill, il nostromo del vascello, si accostò al capitano. Come molti membri dell'equipaggio era preoccupato e, al contrario degli altri, non lo nascondeva.
     «Capitano, cosa pensa di fare?»
     Ormeggiati da due giorni a un ottavo di miglio dalla costa, avrebbero potuto essere avvistati dalle navi spagnole che davano loro la caccia. La guerra di corsa aveva quella caratteristica: preda e cacciatore si scambiavano spesso i ruoli, e in quel frangente il "Saint Andrew" era la preda.
     Eastman si sentiva al sicuro a causa della fama di "mangiatrice di navi" che l'isola s'era conquistata a suon di naufragi negli ultimi anni. I capitani dei galeoni spagnoli si sarebbero tenuti alla larga da quelle secche pericolose, a meno che non fossero stati obbligati dagli eventi. Infatti non si p...

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horror,
racconti
Comments: 0 | Views: 159Last Post by: TETRACTYS (20/9/2011, 13:59)
 

B_NORM    
view post Posted on 31/12/2010, 16:39 by: TETRACTYSReply
 

Horror, 21527 caratteri, versione 2.3


LE VISCERE DELLA MENTE
di
Leonardo Boselli



     Karl Vogel iniettò il contenuto della siringa nel braccio del capitano Konrad Jürgens. «È scopolamina», spiegò al dottor Hofstetter. «Lo renderà più malleabile».
     Il medico obbiettò: «Voi della Gestapo riponete troppa fiducia in questa sostanza. L’abbiamo già sperimentata sul soggetto e non ha avuto effetto».
     Vogel ignorò il commento del dottore. Osservò lo sguardo del capitano fisso nel vuoto e disse: «Konrad, so che puoi sentirmi».
     Non ottenne risposta. Quindi aggiunse con un tono di voce rassicurante: «Rilassati, torna con la mente alla tua infanzia, al tempo in cui vivevi con i tuoi genitori a Düsseldorf. Ti ricordi di tua madre?»
     Mentre pronunciava quelle parole, appoggiava le dita alla base del collo e sulle spalle del capitano esercitando brevi pressioni, ma Jürgens non rispondeva a quelle sollecitazioni. Il dottor Hofstetter stava per manifestare le sue perplessità sull’efficacia dell’ipnosi, quando finalmente il capitano si scosse e con voce infantile disse: «Mamma».

*    *    *

     Ventiquattr’ore prima, Karl Vogel stava volando su uno Junkers diretto a Berlino. Accanto a lui era seduto l’obersturmführer Friedrich Stahl, un giovane e ambizioso tenente delle SS, esperto in lingue e culture orientali, che aveva il compito di scortarlo.
     Il tempo era bello per essere novembre e il viaggio confortevole. Il trimotore aveva incontrato pochi vuoti d’aria e i passeggeri non avevano di che lamentarsi. Fuori dai finestrini si potevano vedere a perdita d’occhio i campi coltivati tedeschi che nutrivano la più potente macchina da guerra che l’Europa avesse mai visto.
     Vogel distolse lo sguardo dal paesaggio e tornò a leggere i documenti che teneva in mano. Sul fascicolo era stampigliato l’emblema dell’Ahnenerbe, l’organizzazione delle SS che si occupava degli studi sulle origini della razza ariana. Anche il tenente Stahl apparteneva a quella sezione, come testimoniava il simbolo cucito sull’avambraccio della divisa – un pugnale intrecciato – che faceva bella mostra di sé sotto la fascia rossa con la svastica nera in campo bianco.
     Al contrario del tenente, Vogel era in borghese, come erano soliti fare i membri della Gestapo quando operavano in incognito nei territori occupati; ma in realtà il suo abbigliamento costituiva una sorta di divisa che lo r...

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Comments: 0 | Views: 238Last Post by: TETRACTYS (31/12/2010, 16:39)
 

B_NORM    
view post Posted on 7/11/2010, 21:45 by: TETRACTYSReply
 

Horror, 19980 caratteri, versione 1.1


LE VISCERE DEL MONDO
di
Leonardo Boselli



     Lo Junkers stava sorvolando la Germania diretto a Berlino. Il tempo era bello per essere novembre e il viaggio confortevole, infatti il trimotore aveva incontrato pochi vuoti d’aria e i passeggeri non avevano di che lamentarsi.
     Karl Vogel, un ufficiale della Gestapo, la polizia segreta del Reich, era seduto vicino al finestrino e vedeva scorrere i campi coltivati coperti a sprazzi da basse nuvole. Era stato richiamato con urgenza da Parigi, dove di recente aveva portato a termine alcune decisive operazioni contro la Résistance, per occuparsi di un caso che stava molto a cuore allo stesso Reichsführer Himmler, il capo delle SS.
     Accanto a lui era seduto l’obersturmführer Friedrich Stahl, un giovane e ambizioso tenente delle SS, esperto in lingue e culture orientali, che aveva il compito di scortarlo.
     In quei giorni di novembre del ‘43, la guerra infuriava su tutti i fronti e per i nazisti era urgente trovare qualche asso da giocare sul tavolo del conflitto al momento opportuno. Perciò si stavano conducendo spasmodiche ricerche in ogni campo scientifico per produrre l’arma finale che potesse dare un consistente vantaggio sugli avversari, ma allo stesso tempo venivano indagati anche i lati più oscuri del soprannaturale e degli antichi miti.
     Vogel distolse lo sguardo dal paesaggio e tornò a leggere i documenti che aveva di fronte. Sulla cartella era stampigliato l’emblema dell’Ahnenerbe, l’organizzazione delle SS che si occupava degli studi sulle origini della razza ariana. Anche il tenente Stahl apparteneva a quella sezione, come testimoniava il simbolo cucito sull’avambraccio della divisa, un pugnale intrecciato, sotto la fascia rossa con la svastica nera in campo bianco.
     «Non capisco perché abbiate bisogno di me» disse Vogel rivolto al tenente, interrompendo la lettura e togliendosi gli occhiali. «Mi fa piacere rivedere Berlino, ma non credo proprio di potervi essere utile.»
     Il tenente sorrise. «Lei è troppo modesto. Il nome del kriminalkommissar Vogel è arrivato alle orecchie di persone molto in alto, accompagnato dai rapporti sulle difficili indagini che ha condotto brillantemente. Non c’è da stupirsi che abbiano pensato a lei.»
     «Sono lusingato,» disse Vogel inforcando gli occhiali per riprendere la lettura, «ma temo che questo caso vada al di là delle mie capacità.»
     «Sono certo ch...

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Comments: 0 | Views: 62Last Post by: TETRACTYS (7/11/2010, 21:45)
 

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