Cronache dal Multiverso
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Cronache dal Multiverso have:
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Most users ever online was 33 on 22/10/2012, 00:51


Il presente blog non costituisce testata giornalistica, non ha carattere periodico, essendo aggiornato in relazione alla disponibilità e alla reperibilità dei materiali e a totale discrezione dei singoli collaboratori. Pertanto, non può essere considerato in alcun modo un prodotto editoriale, ai sensi della Legge n. 62 del 7-03-2001. Le immagini pubblicate su questo sito, salvo diversa indicazione, sono copyright dei legittimi autori.

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Cronache dal Multiverso

B_NORM    
view post Posted on 2/12/2012, 15:56 by: TETRACTYSReply
 

Thriller fantastico, 2997 caratteri, versione 1.0


CUORE DI MAMMA
di
Leonardo Boselli



    La strada era ripida e male illuminata.
    Due figuri, intabarrati, camminavano a fatica sull'acciottolato reso viscido dalla pioggia.
    Il più alto portava un cappello calcato sul capo. «Che pessima idea!» continuava a ripetere tra sé e sé.
    «Hai finito?» sbottò quello più piccolo. «Non hai smesso di lamentarti un momento».
    «Tornare dalla vecchia megera dopo tanti anni. Che senso ha dopo quello che ci ha fatto?»
    «È vecchia e sola. Vuole vederci un'ultima volta».
    «Insisto: è una pessima idea».
    «Insomma! Non le dobbiamo proprio nulla?» disse deciso, ed estrasse dal tabarro l'orologio che portava alla catena. Subito il vetro s'imperlò di goccioline.
    «Ci aspetta, affrettiamoci!»
    Giunsero alla casa in cima alla salita e si fermarono di fronte all'uscio.
    «Chi bussa?» chiese lo spilungone.
    «Fifone! Ho sempre dovuto farti da balia».
    Mentre stava alzando la mano per colpire la porta, un lampo illuminò a giorno la facciata dell'edificio e la serratura scattò. Quando il fragore del tuono li investì, la porta si spalancò.
    «Era aperto», constatò stupito il piccoletto, ma quando si voltò, s'accorse d'essere rimasto solo.
    Di fronte a lui s'apriva l'atrio della vecchia casa. All'interno s'intravedevano le scale che portavano al piano superiore, mentre un candeliere appeso al soffitto oscillava mosso dal vento. Le deboli fiammelle non tardarono a spegnersi.
    "Devo farmi coraggio", pensò.
    Un chiarore filtrava da una porta semiaperta in cima alle scale.
    Aiutato dal bagliore dei lampi, cominciò a salire. Lo scricchiolio delle assi era minaccioso, ma continuò un gradino alla volta finché non fu in cima.
    «C'è nessuno?» chiese con un filo di voce. Non ottenne risposta.
    Si sporse oltre la soglia e scrutò con attenzione.
    Il chiarore proveniva da un camino acceso. Di fronte a esso, su una sedia a dondolo, una figura di spalle oscillava avanti e indietro, con estrema lentezza.
    «Mamma?» osò chiedere.
    «Siete puntuali, bravi», rispose...

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corti,
Triller fantastico
Comments: 0 | Views: 53Last Post by: TETRACTYS (2/12/2012, 15:56)
 

B_NORM    
view post Posted on 30/8/2012, 06:13 by: TETRACTYSReply
 

Thriller, 2485 caratteri, versione 1.0


LO SCOOP
di
Leonardo Boselli



    «Ci siamo, capo! Questa è davvero grossa!»
    Il direttore sollevò la testa dalle bozze che stava correggendo e squadrò il giovane cronista attraverso le spesse lenti che portava sul naso.
    «Non si usa più bussare? Chiudi la porta, siediti e comincia dall'inizio».
    Il ragazzo si guardò alle spalle e si accorse che tutta la redazione lo stava fissando. Chiuse la porta a vetri e cercò di calmarsi.
    «Un altro scoop, Mike? O il solito buco nell'acqua?»
    «Questa volta ho fatto centro, capo!»
    «Di che si tratta?»
    «Di CHI si tratta! Del governatore Hunter, e queste fotografie sono da prima pagina», disse il ragazzo sbattendo una cartellina sul tavolo.

*    *    *

     «Ma quello non è il governatore Hunter?»
    L'atrio del Casinò era zeppo di persone che entravano e uscivano. Il ragazzo aveva notato il politico che saliva le scale.
    «È lui in carne e ossa», rispose il parcheggiatore.
    «Viene qui spesso?»
    «Una volta al mese. Gli piace giocare a poker con qualche campione di tanto in tanto. Dice che non sarebbe un vero texano se non praticasse lo sport nazionale. Pare che lo renda simpatico ai ceti popolari».
    «Un'attività innocente e alla luce del sole».
    «Certo, però... Mike, sei sempre alla ricerca di una notizia da prima pagina?»
    «Sì, ci vorrebbe ben altro».
    «Senti», disse il parcheggiatore sottovoce, «fino a che punto arriveresti per lo scoop della vita?»

*    *    *

     «All in!»
    Il ragazzo spinse tutte le fiches che aveva davanti.
    «Deve avere una bella coppia di assi», disse il governatore, «oppure lei ha veramente un sangue freddo eccezionale».
    «C'è solo un modo per saperlo», rispose il giovane cronista, fissando l'avversario con i suoi intensi occhi azzurri.
    Hunter rifletté, ma non sembrava pensare al piatto, poi disse: «Lascio».
    Le due carte, che potevano essere assi, rimasero coperte.
    «Non posso sapere se ho fatto bene?», chi...

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corti,
thriller
Comments: 0 | Views: 67Last Post by: TETRACTYS (30/8/2012, 06:13)
 


B_NORM    
view post Posted on 25/7/2012, 07:49 by: TETRACTYSReply
 

Giallo, 3920 caratteri, versione 1.0


L’ULTIMA IMPRONTA
di
Leonardo Boselli



     Sherlock Holmes stava esaminando con attenzione il reperto con la sua lente d'ingrandimento quasi ignorando l'ometto che gli stava accanto.
     Il professor Jeffrey Wilkes non aveva un aspetto appariscente. Di piccola statura, portava degli occhiali spessi e indossava un abito scuro piuttosto dimesso.
     «Quando ha cominciato esattamente?», chiese il dottor Watson.
     «Molti anni fa. Non ricordo», rispose con una vocetta stridula.
     Watson lo incalzò con un tono disgustato: «E quante sono?»
     Wilkes si tolse gli occhiali, scoprendo due piccoli occhi miopi, e annunciò solenne: «Trecentodue».
     «Ma, se mi è lecito domandarlo», chiese ancora Watson, «perché ha cominciato?»
     «Beh, ho sempre avuto una passione per i labirinti, gli arabeschi, le spirali e...».
     «E quando ha scoperto che non ne esistono due uguali, le è sembrata una collezione unica al mondo, non è vero?», concluse Holmes.
     Watson ignorò il commento e continuò: «Si rende conto che la sua collezione è piuttosto insolita?»
     «Non posso negarlo».
     Holmes ripose la falange dell'indice destro che aveva finito di esaminare e iniziò a osservarne un'altra nella teca. L'etichetta riportava un nome: Fryderyk Chopin. «Questa è mummificata perfettamente», constatò ammirato.
     «Sì, è uno dei miei pezzi più pregiati, l'orgoglio della mia collezione», replicò l'ometto. «Lo prenda pure, ma lo tratti con attenzione».
     «Ne stia certo», rispose Holmes piccato. Quindi strinse con delicatezza la falange tra le dita guantate e si mise a osservare interessato i dermatoglifi del polpastrello. Seguiva le creste e i solchi per trovare i punti caratteristici dell'epidermide. Era uno dei suoi talenti: avrebbe riconosciuto l'impronta di quel dito dopo anni, se avesse avuto modo di rivederla.
     Watson, non nascondendo il ribrezzo, sbottò: «Ora che ci ha mostrato questa macabra esposizione, può spiegarci perché ha voluto un nostro consulto? Anche se lei ci è stato raccomandato dall'ispettore Lestrade, ciò non significa che può abusare del nostro tempo».
     L'ometto si rimise gli occhiali e fissò Watson con sufficienza.
   &...

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corti,
giallo
Comments: 0 | Views: 113Last Post by: TETRACTYS (25/7/2012, 07:49)
 

B_NORM    
view post Posted on 15/5/2012, 00:08 by: TETRACTYSReply
 

Horror, 15480 caratteri, versione 2.0


EFFETTO COLLATERALE
di
Leonardo Boselli



     Il dottor Jordan lesse con cura la cartella clinica e commentò: «Le sue caratteristiche sono davvero eccellenti. Cerchiamo proprio una persona come lei».
     A quelle parole, Michael si sentì rassicurato, perché quel lavoro gli era necessario. Aveva già provato di tutto per mantenersi agli studi, ma il posto da sguattero gli portava via troppo tempo, e le banche del sangue e del seme non erano abbastanza remunerative: c’era troppa concorrenza di studenti squattrinati e bisognosi di pagare affitto e rette universitarie.
     «Sì, lei è proprio il nostro candidato ideale», ribadì il dottore dopo aver sollevato lo sguardo dalla cartella. Michael si sentì osservato. Jordan, attraverso i suoi spessi occhiali, lo scrutava con attenzione.
     «Ne sono felice», rispose. «Ha detto che il compenso è di mille dollari anticipati, vero?»
     «Sì, anticipati. Se la cosa le interessa, firmi questo contratto standard e la liberatoria, indichi il beneficiario dell'assicurazione sulla vita e si presenti domattina alle otto».
     Michael lesse i fogli del contratto. Erano riportate le solite clausole che conosceva a memoria e aveva già siglato varie volte: ormai si poteva considerare una cavia da laboratorio professionista.
     Il medico si alzò e fece il giro della scrivania. Si tolse gli occhiali, li ripose nel taschino del camice e, mentre stringeva la mano a Michael, disse: «Il suo contributo ci sarà molto utile. Sono felice che sia dei nostri».
     In quel momento il dottore gli ricordò suo padre. Sì, proprio il padre, che al termine del liceo voleva imporgli di intraprendere la carriera di ricercatore in medicina, seguendo le sue orme. Michael si era rifiutato. Ricordava con orrore il laboratorio di biologia del liceo dove era costretto a sezionare disgustose rane, e non voleva avere nulla a che fare con le cavie da laboratorio.
     Quando scelse la facoltà di giurisprudenza, il padre andò su tutte le furie e non volle finanziare i suoi studi, perché odiava gli avvocati: quegli squali che, aizzati da parenti ingrati, si avventavano su di lui ogni volta che moriva un suo paziente.
     Per questo motivo adesso Michael era costretto a fare da cavia, ancora una volta, per chissà quale esperimento.
     Mentre se lo domandava, disse: «Di solito non chiedo la finalità della ricerca a cui collaboro, m...

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horror,
racconti
Comments: 0 | Views: 72Last Post by: TETRACTYS (15/5/2012, 00:08)
 


B_NORM    
view post Posted on 2/5/2012, 08:17 by: TETRACTYSReply
 

Gastrozen, 16688 caratteri, versione 1.0


FEGATO ALLA VENEZIANA
di
Leonardo Boselli



     «Maestro, perché non ci racconta di come fu sconfitto da Jean Luc Van Damme?»
     Quella domanda era stata formulata da una voce alle mie spalle. L'aveva posta una ragazza al primo anno d'apprendistato. All'udirla gli altri allievi ammutolirono e nella sala calò il silenzio.
     Posai con delicatezza la mannaia che stavo impugnando. Mi voltai e fissai la giovane negli occhi. Il suo sguardo di sfida mi sorprese. L'avevo appena strapazzata per uno sbaglio che aveva commesso, ed ero stato duro, troppo forse, ma duro come lo ero sempre, con tutti.
     Risposi: «Jean Luc Van Damme... sì, sono passati tanti anni, ma ricordo bene quel giorno. Persi, è vero, però non fui davvero sconfitto».
     «In ogni caso non ce ne ha mai parlato. Lei evidenzia sempre i nostri errori. Dice che dobbiamo imparare da essi, anche da quelli degli altri, che è necessario studiarli per non ripeterli e per migliorarsi. Ci racconti ciò che ha sbagliato in quell'occasione, ci dica qual è stato il suo errore».
     Il silenzio che aleggiava si fece di ghiaccio. Gli allievi si sarebbero scambiati occhiate di terrore se non fossero stati troppo spaventati per farlo: tenevano lo sguardo fisso a terra, e se avessero potuto, avrebbero scavato una buca per ficcarci dentro la testa. Avrebbero voluto essere ovunque, anche all'Inferno, tranne che in quella sala e in quel momento.
     Mi pulii le mani insanguinate con lo straccio che portavo alla cintola, impugnai nuovamente la mannaia e mi avvicinai alla ragazza continuando a fissarla. Lei sostenne il mio sguardo finché non le fui a un passo. Non aveva alcun timore di me anche se io ero il maestro e lei l'allieva, non la spaventavano i miei decenni d'esperienza. Lessi nei suoi occhi che era lì per imparare e lo avrebbe fatto anche calpestando il mio orgoglio. D'altra parte aveva scelto il mio corso perché ero il migliore e non si era lasciata intimorire dal fatto che i migliori fossero uomini: anche se lei era una donna, sarebbe riuscita nel suo intento, o almeno ci avrebbe provato con tutte le sue forze.
     Tutto questo le lessi negli occhi. Ma quando le fui di fronte abbassò lo sguardo. Dopotutto era soltanto un'allieva e, con quel gesto, sembrò riconoscerlo.
     Spezzai la crosta del silenzio che riempiva la sala dicendo: «Lei, signorina, ha parlato di errore, ma dal punto di vista ...

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gastrozen,
racconti
Comments: 0 | Views: 133Last Post by: TETRACTYS (2/5/2012, 08:17)
 

B_NORM    
view post Posted on 19/3/2012, 17:13 by: TETRACTYSReply

Il vicolo dei fabbri

di
Leonardo Boselli



Il sole stava calando dietro le colline a occidente di Gerusalemme. Ponzio Pilato, il governatore della Giudea, stava dettando una lettera al suo segretario sulla terrazza della sua residenza, quando s’interruppe per osservare il tramonto. In lontananza si scorgevano le mura del tempio illuminate dalle ultime luci del giorno.
La città sembrava tranquilla, ma dietro quelle pareti bianche covava un odio viscerale. Quel popolo mite avrebbe sopportato ancora una volta la dominazione di genti straniere, ma non si sarebbe mai fatto assimilare; non c’erano riusciti gli egiziani e neppure i babilonesi: avrebbero fallito anche i romani.
Il governatore si lasciò trasportare dai suoi pensieri. Le rivolte degli Zeloti non destavano la sua preoccupazione – erano sempre state soffocate nel sangue – e concluse che era sufficiente che i Giudei pagassero le tasse: nessuno lo aveva mai fatto senza lamentarsi e, in fondo, quel popolo si lagnava in modo meno fastidioso di altre genti.
Pilato sorrise di quel pensiero, ma fu subito colto da un fastidioso prurito alle mani e provò il desiderio irrefrenabile di grattarsi. Quindi si voltò verso il suo segretario, che era in paziente attesa accanto a Gaio Cassio Longino, un centurione della guarnigione di Gerusalemme.
«Cosa stavo dicendo?» chiese.
Il segretario, dopo aver finto d’ignorare il gesto compulsivo del governatore, prese la tavoletta che stava scrivendo e lesse: «Ponzio Pilato, governatore eccetera, all’imperatore Claudio eccetera, Ave!»
«Ah, ecco». Pilato tornò a osservare il sole. Quando si spense anche l’ultimo raggio, si volse, guardò il centurione in piedi sull’attenti e disse: «Allora continuiamo».
Il segretario riprese a scrivere mentre Pilato dettava. Dopo altri convenevoli, il governatore cominciò il rapporto vero e proprio e raccontò il fatto che gli stava a cuore.
«Ho recentemente indagato su una credenza che si sta diffondendo in alcuni ambienti di Gerusalemme. Infatti molti sono convinti che i Giudei, per invidia, abbiano condannato loro stessi e la loro posterità per essersi macchiati di una terribile colpa. I loro profeti avevano decretato che il Dio degli Ebrei avrebbe inviato al popolo l’Eletto, colui che per diritto sarebbe stato chiamato loro re. Costui sarebbe giunto sulla Terra per mezzo di una vergine. Molti credono che un uomo che corrisponde alla descrizione sia stato davvero inviato, proprio durante il mio governatorato. Egli è stato visto guarire lebbrosi e paralitici, cacciare demoni, ridare la vista ai ciechi, resuscitare i morti, quietare i venti, camminare sulle acque, e compiere altre meraviglie, tanto che il popolo dei Giudei era giunto a chiamarlo Figlio di Dio. Ma i sommi sacerdoti, ...

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racconti,
thriller fantastico
Comments: 0 | Views: 133Last Post by: TETRACTYS (19/3/2012, 17:13)
 

B_NORM    
view post Posted on 19/3/2012, 17:01 by: TETRACTYSReply

La Bolgia degli Scrittori

di
Leonardo Boselli


L’Inferno è un pozzo immenso, oscuro, scavato nelle profondità della terra. È un luogo ricolmo di sofferenza e di noia, e allo stesso tempo vuoto d’amore e di fantasia. Le urla dei dannati lo riempiono in ogni sua parte: gridano la loro disperazione, la perdita di ogni speranza.
Malagianna, una delle scimmiette di mare cornuta addette alla "Bolgia degli Scrittori", col jet-pack sulle spalle a potenza massima, ammirava librata nell’aria cupa quello spettacolo terrificante ed, esaltata da quella visione, affondava compiaciuta il gancio da macellaio nell’anima sventurata che stava trascinando con sé sempre più in basso. Un sottile gemito usciva da quel dannato, un pessimo scrittore di romanzi fantasy: il tormento dell'uncino non era nulla rispetto all’angoscia d'aver sciupato la propria esistenza nell'ideare vicende immaginarie che raccontava per denaro ai creduloni. Malagianna poteva percepire tutte le sensazioni, i rimorsi, i rimpianti che lo attanagliavano: avrebbe avuto l’intera eternità per disperarsi inutilmente, un giorno dopo l’altro, per sempre.
La scimmietta cornuta sorvolò i primi cerchi dell’Inferno. Passò nel turbine dei lussuriosi accompagnandoli per un breve tratto nelle loro evoluzioni, poi giunse sulla città di Dite, e l’orda dei diavoli guardiani dalle mura infuocate la salutò cantando sguaiatamente una volgare canzonaccia. Poi osservò dall’alto la necropoli di tombe degli eretici, roventi come formaci; infine attraversò la pioggia di fuoco che flagella il deserto di sabbia dei bestemmiatori.
Malagianna, che aveva descritto nei minimi particolari quel terrificante paesaggio all’anima dannata che portava arpionata sulle spalle, già sentiva aria di casa. Ammirò ancora una volta l’ordine spietato che regnava negli enormi fossati del cerchio ottavo, attraversati a raggiera da lunghi ponti. In quell’ultimo tratto volò su un canale ricolmo di fetido sterco, poi planò sulle sponde della quinta Bolgia, nella cui pece bollivano senza pace i barattieri, e proseguì fino a giungere alla Bolgia degli Scrittori.
Alte sponde circondavano un fiume di carta in continua agitazione e tormentato da un forte vento. Si trattava di pagine di libri, di pergamene, di tomi voluminosi e di piccoli opuscoli. Ogni genere d'opera di narrativa fantastica costituiva il fluido che permeava i meandri di quel luogo disperato. Il puzzo degli inchiostri, la ruvidità della carta, i suoi bordi affilati, gli spigoli delle copertine e i dorsi rigidi dei volumi rendevano quel luogo aspro e inospitale, ma le orribili scimmiette cornute la consideravano dopo tanti secoli come la loro casa.
Malagianna conduceva quel suo ufficio a contatto con i dannat...

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Comments: 2 | Views: 127Last Post by: TETRACTYS1 (24/2/2014, 10:01)
 


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